Paola Palestini. 

Prof. Associato in biochimica, 
Coordinatore MasterADA Alimentazione e Dietetica Applicata, 
Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università Milano-Bicocca.

Il fazzoletto di Desdemona avrebbe funzionato ??

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Paola Palestini Prof Associato in Biochimica,

Coordinatore MasterADA, Alimentazione e Dietetica Applicata

Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università Milano-Bicocca

All’origine dell’ emicrania sembrerebbe esserci un processo caratterizzato da un spasmo rapido dei vasi encefalici seguito da una prolungata vasodilatazione. Quali siano le cause che, a loro volta, provocano l’innescarsi di questo particolare meccanismo non è ancora completamente noto. Alcuni fattori possono risultare scatenanti, come ad esempio il consumo di particolari alimenti, variazioni delle abitudini di vita o dei ritmi di sonno/veglia ed eventi particolarmente stressanti.

Secondo questo schema classico l’insorgenza dell’emicrania è strettamente correlata a vasocostrizione e vasodilatazione e le molecole maggiormente implicate in questi meccanismi sono l’ossido di azoto -NO- e l’endotelina 1 -ET1-.

NO è prodotto dall’enzima ossido nitrico sintasi di cui esistono diverse isoforme, classificabili in base alla loro attività basale. Una, costituiva calcio-dipendente, eNOS, localizzata a livello dell’endotelio capillare. In questo caso NO si forma solo “a comando”, diffonde nelle cellule muscolari vicine causandone rilassamento e nel lume del vaso inibisce l’aggregazione piastrinica. E’ presente anche nel SNC dove regola diverse funzioni sinaptiche.

La seconda è NO-sintasi inducibile calcio-indipendente, iNOS; è sempre attiva e l’attività totale in cellula dipende dalla quantità di enzima è presente (induzione). E’ la forma di NO-sintasi presente nei macrofagi (e in altri tipi cellulari dotati di attività immunocompetente) e la sua quantità aumenta in cellula in seguito a stimoli vari (es. endotossine e citochine). L’alta concentrazione di enzima porta alla produzione di grosse quantità di NO.

Diverse sono le evidenze sperimentali che supportano il coinvolgimento di NO, come molecola  vasodilatatrice  nelle emicranie. Infatti, è noto che: a) i nitrati usati come additivi negli alimenti o nei farmaci nitroderivati utilizzati nelle patologie cardiovascolari, sono dei trigger per l’emicrania; b) nelle persone con frequenti attacchi di emicrania, sono maggiormente presenti nel macribiota della bocca, batteri nitrati-riduttori che riducono i nitrati in nitriti, che successivamente vengono  convertiti in NO (Gonzales et al., 2016 doi:10.1128/mSystems.00105-16); c) un polimorfismo di eNOS (rs1799983 TT) è presente preferenzialmente nella popolazione con emicrania ed è un fattore di rischio per gravità e durata della cefalea (Guler et al., 2015, Balkan J Med Genet. doi: 10.2478/bjmg-2014-0074); d) nelle donne gli  attacchi di emicrania sono legati al ciclo mestruale e l’estradiolo è un attivatore di eNOS.

L’endotelina 1 -ET1- è un peptide formato da 21 amminoacidici, è prodotto principalmente dall’endotelio ed è tra i più potenti agenti vasocostrittori noti. Anche per ET1 ci sono dati scientifici che supportano il suo ruolo nelle emicranie. Infatti, è noto che: a) i livelli di ET1 aumentano prima o durante l’emicrania; b) un polimorfismo del recettore di ET1, ETAR, è presente preferenzialmente nella popolazione con emicrania (Tzourio et al., 2001, Neurology).

Quali sono i meccanismi che induco la liberazione di ET1 e NO e, queste molecole sono effettivamente le sole responsabili dell’insorgere dell’emicrania? Due meccanismi noti che stimolano la liberazione di NO e/o ET1, sono lo stress ossidativo e l’infiammazione.

Lo stress ossidativo è uno stress chimico indotto dalla presenza di un eccesso di specie chimiche reattive, generalmente dell’ossigeno (Reactive Oxygen Species, ROS), causato dalla rottura dell’equilibrio fisiologico fra la produzione e l’eliminazione, da parte dei sistemi di difesa antiossidanti, di specie chimiche ossidanti. I ROS si formano fisiologicamente nelle cellule (reazioni metaboliche, catena respiratoria per la produzione di ATP) o per cause ambientali (radiazioni, UV, fumo di sigaretta e smog). Le cellule posseggono meccanismi di difesa (sistemi scavanger) capaci di contrastare i ROS in modo che la loro concentrazione venga mantenuta molto bassa.

L’infiammazione è uno stato morboso di una parte del corpo, dovuto alla reazione difensiva contro stimoli nocivi, caratterizzato da congestione, aumento locale della temperatura, edema, dolore e alterazione della funzionalità dell'organo colpito; è anche detta anche flogosi acuta.


E’ ormai noto che l’aumento dello stress ossidativo e l’instaurarsi di un infiammazione cronica, anche se entrambi di bassa entità, porta l’instaurarsi di un ciclo vizioso che si autoalimenta e che induce l’attivazione di meccanismi molecolari, specifici nei diversi cellule/tessuti/organi, che con il tempo portano a condizioni patologiche. In tutte le patologie neurodegenerative, cardiovascolari, metaboliche e tumorali, è ormai dimostrato esserci un aumento dello stress ossidativo e una infiammazione cronica.

Nel caso dell’emicrania, una altro importante fattore che è causa diretta o indiretta dell’aumento dei livelli di NO a livello cerebrale e dei meccanismi infiammatori, è la depressione corticale (CSD).

La CSD è una onda di depolarizzazione della durata di circa 1 minuto che si propaga lentamente portando a una rapida e quasi completa depolarizzazione delle cellule cerebrali, silenziando l’attività cerebrale elettrica per diversi minuti (da qui il nome di depressione).

È caratterizzata dal collasso dell’omeostasi ionica, con profonda perturbazione dei gradienti ionici trans-membrana e dal rilascio di neurotrasmettitori (glutammato) e di K+ che causano la depolarizzazione del tessuto nervoso adiacente.

A livello della corteccia si hanno alterazioni ioniche intra- ed extra- extracellulari, rilascio di neurotrasmettitori, cambiamenti nel flusso sanguigno e dei livelli di ossigeno. Durante la CSD, aumenta drammaticamente la domanda di energia per ripristinare i gradienti ionici

Il CSD induce l’apertura transitoria dei canali neuronali pannexin 1 (PANX1) e la liberazione di molecole pro-infiammatorie (HMGB1 e IL1β). Queste, a livello degli astrociti, inducono la traslocazione nucleare di NF-κB che attiva la trascrizione di iNOS e COX2, quest’ ultima responsabile della produzione di citochine e prostaglandine. 

 Le citochine e le prostaglandine, rilasciate dagli astrociti, raggiungono gli assoni sensoriali fino alle cellule trigeminali del ganglio. Da qui possono partire impulsi verso l’arteria meningiale centrale per promuovere una risposta infiammatoria neurogena indotta da CSD e la degranulazione dei mastociti all’interno delle meningi (Pietrobon and  Moskowitz, 2014, Nature Rev).


L’emicrania, quindi è una condizione patologica al cui instaurarsi concorrono 2 fattori principali; l’infiammazione/stress ossidativo e la depressione corticale ma è noto che diversi fattori esterni possono fungere da trigger. Questi sono fattori ambientali e lo stile di vita che comprende alcuni alimenti, tabacco, alcol, sonno/veglia e stress.

I primi studi scientifici che mettono in relazione alimenti e mal di testa sono del 1900 e la percentuale di persone che hanno un attacco di cefalea  dopo l’ingestione di un particolare cibo è molto variabile.

Una recente review riporta gli ultimi dati scientifici e studi riguardanti la correlazione tra cefalea e alimento e quale può esserne il motivo (Zaeem et al., 2016 Curr Neurol Neurosci Rep). In questa lista troviamo alcuni alimenti come il cioccolato, il caffe, le bibite alcoliche (vino) e i latticini.

Per quanto riguarda il cioccolato, dai diversi studi analizzati, gli episodi di emicrania attribuibili al suo consumo è tra lo 0-22.5%, 2-3 volte in meno rispetto ad altri fattori scatenati (stress, fatica, mancanza di sonno ed alcol) e la causa è riconducibile a due molecole la tiramina (0.1-2.8 μg/g) e la feniletilamina (3.6- 8.3 μg/g). Di contro, altri studi suggeriscono che il cioccolato può avere effetti benefici sull’emicrania, in quanto le molecole antiossidanti presenti (ricordo che il cioccolato nero è uno degli alimenti a più alto ORAC -Oxygen Radical Absorbance Capacity-) preverrebbero l’infiammazione a livello cerebrale (Lippi et al., 2014 Acta Biomed).

Un altro alimento che può essere un trigger è il caffè. In questo caso la molecola sotto accusa è la caffeina che competerebbe per i recettori A1 con l’adenosina. E’ noto che i livelli di questo neuromediatore aumentano nel mal di testa che quest’ultimo può essere indotto dalla somministrazione di adenosina.

Per quanto riguarda le bevande alcoliche, la causa sarebbe attribuibile alla presenza di istammina, tiramina e feniletilammina ma anche dell’acetaldeide che si forma durante la detossicazione del alcol, specialmente se la sua concentrazione rimane alta (es. polimorfismo di ALDH o troppo alcol assunto). Soprattutto il vino rosso è un trigger e i potenziali fattori scatenanti potrebbero essere i composti flavonoidi e i tannini che potrebbero interferire, a livello del SNC, con il metabolismo della serotonina (5-HT) (Krymchantowki and Jevoux, 2014, Headache).

Altro alimento sotto accusa sono i formaggi in particolar quelli stagionati perché è più alta la quantità di tiramina che una molecola vasoattiva.

Un denominatore comune in molti alimenti è la presenza di particolari molecole come la tiramina, l’istammina, la feniletilammina che una volta introdotte devono essere velocemente catabolizzate. Nel caso dell’istammina, l’enzima deputato alla sua degradazione è la diammino ossidasi (DAO), enzima intestinale che ne controlla il suo passaggio a livello circolatorio. E’ noto che la riduzione dell’attività di DAO, dovuta a patologie intestinali o farmaci, porta un aumento dell’istamina nel sangue con conseguenti sintomi di intossicazione e che l’intolleranza all’istammina è correlata con l’emicrania.

Infatti, recentemente Izquierdo-Casa e collaboratori (J. Pysiol. Biochem, 2017) hanno dimostrato che in un gruppo di persone con emicrania, l’attività della DAO è più bassa rispetto a persone che non soffrono di emicrania e che un polimorfismo di DAO (rs1015691), associato una diminuzione della sua attività enzimatica, è frequente nella popolazione con emicrania.

-Tutti gli studi epidemiologici anche se rigorosi presentano sempre dei limiti dovuti alla presenza di confondenti e in particolare, gli studi che cercano un’associazione tra un alimento e una condizione patologica sono sicuramente quelli con maggior criticità.

Prove rigorose che collegano la consistenza della dieta con il miglioramento della cefalea, nella migliore delle ipotesi, sono molto limitate e controverse,  mentre negli ultimi anni sono numerose le evidenze che suggeriscono che non siano gli alimenti di per se ma che sia una alimentazione sbagliata, con un eccesso di carboidrati semplici, ad alto indice glicemico, una abbondanza di grassi (soprattutto saturi) e un limitato introito di vegetali e frutta (fibre vitamine e microelementi) fortemente correlata ad cefalea/emicrania.

Ramsden e collaboratori (Pain, 2013), in un trial clinico randomizzato hanno dimostrato che un intervento dietetico che comportava aumento di acidi grassi omega-3 (precursori di molecole anti-infiammatorie) e una diminuzione di acidi grassi omega-6 (precursori di molecole infiammatorie) correlava ad una diminuzione di attacchi di emicrania.

Ferrara e collaboratori (Nutr Metabol Cardiov Disease, 2015) hanno concluso che la diminuzione della frequenza e del grado di severità di emicrania era correlato a una riduzione del 20 % dell’introito calorico totale giornaliero e in particolare alla diminuzione nella dieta dell’introito di grassi (in particolare acidi grassi saturi). I soggetti obesi avevano un numero significativamente maggiore di attacchi di emicrania rispetto a quelli in sovrappeso o con peso corporeo normale con una relazione significativa tra BMI e il numero di attacchi mensili.

Wolever e collaboratori (Can J Diabetes, 2017) studiando l’effetto a lungo termine di una dieta a basso IG rispetto ad dieta ad alto IG su gruppi di persone diabetiche, hanno visto che tra gli effetti di una dieta a basso IG c’era una diminuzione del grado di severità di emicrania.

Recentemente Marics e collaboratori (Headache, 2017) utilizzando un modello animale, hanno dimostrato che l’obesità indotta da una dieta High fat and sugar, induce un aumento di citochine infiammatorie, di espressione di TRPV1 indotta da CGRP e vasodilatazione a livello della dura mater.

Tutto questi lavori sostengono l’ipotesi che è una dieta sbilanciata, con un eccesso di carboidrati semplici, ad alto indice glicemico, una abbondanza di grassi (soprattutto saturi) a correlare con cefalea/emicrania e che c’è una importante connessione con obesità ed emicrania.

Infatti, nell’obesità si instaura con il tempo uno stato infiammatorio cronico che inizia nel tessuto adiposo, dove gli adipociti aumentano sia di numero che dimensione, con liberazione di TNFα che induce nel tempo una condizione di insulino-resistenza. Inoltre, una dieta ad alto contenuto lipidico porta ad un aumento dell’aggregazione piastrinica con conseguente diminuzione dei livelli di serotonina.

Possiamo dire che l’emicrania è un disordine del metabolismo?  E’ stato evidenziato che il periodo che precede un attacco di emicrania, si ha un aumento plasmatico di acidi grassi (FA) e corpi chetonici. Allo stesso modo, un aumento di FA, glicerolo, GH, cortisolo e corpi chetonici possono verificarsi anche durante un attacco di emicrania.

La maggior parte (se non tutti) i trigger dell’emicrania possono potenzialmente ridurre la sensibilità all’insulina (es. saccarosio, vino rosso, caffeina, agrumi, stress emotivo), inducendo, in individui vulnerabili, un meccanismo di insulino-resistenza, con minor esposizione dei recettori Glut4 che comporta una condizione cellulare di ipoglicemia ma di IPERGLICEMIA CIRCOLATORIA (Kokavec, 2016, Medical Hypotheses).

Questi eventi biochimici sono quelli che si instaurano nel diabete di tipo II, nell’obesità in breve in quella che viene chiamata Sindrome Metabolica.

In conclusione, possiamo dire che le condizioni di iperglicemia, dislipidemia e insulino- resistenza attivano, nei diversi organi, pathway cellulari di signalling con liberazione di TNFα, IL6 attivazione dei Toll-like receptor e di NRf2 che innescano uno stato infiammatorio e di stress ossidativo. Questa condizione può determinare una disfunzione endoteliale. Si ricorda che con questo termine si intende uno sbilanciamento tra fattori vasodilatatori (NO, PGI2) e  vasocostrittori (ET1, ATII).

D’altro canto è anche vero che le condizioni di iperglicemia, dislipidemia e insulino- resistenza possano attivare, nei diversi organi, pathway cellulari di signalling che inducono una disfunzione endoteliale che a sua volta può innescare uno stato infiammatorio e di stress ossidativo. Infatti, è noto che l’insulino-resistenza aumenta  la liberazione di ET1.

Che la disfunzione endoteliale sia collegata all’emicrania, viene anche supportata da un ulteriore evidenza scientifica sul metabolismo dei folati. 

Nelle persone suscettibili alla emicrania è frequente un particolare polimorfismo del gene MTHFR (C677T) che codifica per un enzima (metilen-tetraidrofolato reduttasi) essenziale nel ciclo dei folati, in particolare per la conversione dell’omocisteina in metionina. La bassa efficienza di questo enzima comporta un aumento di omocisteina a livello circolatorio. E’ noto che l’aumento di quest’ultima molecola induce alterazione della coagulazione, attivazione cellule trigeminali, infiammazione e di conseguenza disfunzione endoteliale.

In conclusione si può affermare che i sintomi della cefalea possono sorgere da una combinazione di 2 eventi: una vasodilatazione che può essere indipendente dai fenomeni vascolari e meccanismi neurogenici che interagiscono nel cervello all’interno del sistema trigeminovascolare e a livello delle meningi.

L’attivazione del SNC può stimolare il rilascio di acetilcolina, VIP, PACAP e NO dai neuroni parasimpatici post-gangliali, che attivando diversi pathway di signalling, anche indipendenti dalla vasodilatazione, possono contribuire all’insorgere della emicrania.

Nello stesso tempo, il rilascio di mediatori pro-infiammatori, prodotti dal reclutamento delle cellule immunitarie, può amplificare la sensibilizzazione delle vie afferenti meningiali. Quindi, la vasodilatazione può essere un fenomeno che nasconde pathway di signalling, mediati dalle cellule endoteliali, che contribuiscono alla sensibilizzazione delle vie afferenti meningiali e il dolore emicranico (Jacobs and Dussor, Neuroscience, 2016) e che inducono infiammazione e stress ossidativo, autoalimentano il circolo vizioso.

Per mantenere sotto controllo lo stress ossidativo e conseguentemente l’infiammazione, devono essere attivi nel nostro organismo sistemi enzimatici o essere presenti molecole con proprietà antiossidanti (sistemi scavanger). Molte molecole note come anti-ossidanti (resvratolo, curcumina, catechine ect ) attivano i sistemi enzimatici scavanger e inibiscono la trascrizione di molecole infiammatorie.

Le evidenze sperimentali degli ultimi anni indicano che queste molecole “funzionano” se sono introdotte naturalmente negli alimenti che le contengono e non come molecole pure.

Una possibile spiegazione a ciò, è legata al fatto che l’azione antiossidante non è esplicata dalla molecola di per se ma dall’azione sinergica di questa con tutte le altre molecole presenti nell’alimento. 

E qui tornammo al punto principale, non è l’alimento il trigger per l’emicrania, ma un pattern alimentare sbagliato con tanti carboidrati semplici e grassi, che con il tempo può portare a dislipidemia, iperglicemia e insulino-resistenza e quindi infiammazione e stress ossidativo e con un basso introito di carboidrati a basso IG integrali, frutta e verdura quindi poche molecole anti-ossidanti e antinfiammatorie.

Alcune società scientifiche (American Academy of Neurology, AAN/American Headache Society, AHS, Canadian Headache Society, CHS, e European Federation of Neurological Societies, EFNS) hanno postulato delle linee guida su alcuni  nutraceutici dimostrati efficaci per la cefalea (Rajapakse and Pringsheim, Headache, 2016).

I nutraceutici inseriti in questa lista sono: la riboflavina e il coenzima Q (implicati nella produzione di energia), il magnesio (bloccante dei canali NMDA, regolatore delle chinasi e implicato nella sintesi di NO), gli acidi grassi omega-3 (antinfiammatori), il Tanacetum Parthenium (antinfiammatorio in quanto contiene molecole che inibiscono di NFkB, e miorilassante).

Per quanto riguarda l’utilizzo di Butterbur (Petasites Hybridus) che ha proprietà anti-istamminiche ed inibisce sintesi leucotrieni, le raccomandazioni sono fortemente controverse perché è epatossico.

Il fazzoletto di Desdemona avrebbe funzionato ?  In parte si, se bagnato con acqua fredda/ghiaccio e perché ?

a) Le reazioni metabolico-biochimiche sono rallentante comprese quelle correlate ai meccanismi infiammatori; b) la crioterapia agisce a livello nervoso diminuendo la velocità di trasmissione dei segnali; c) ha effetto analgesico (anche se temporaneo) impedisce, infatti, la trasmissione degli impulsi dolorosi; d) ha un effetto anti-edemigeno è correlato alla vasocostrizione indotta.

CONSIGLIO max 10 minuti (non diretto) se no induce l’effetto contrario vasodilatazione

E gli altri metodi antichi con l’uso di erbe naturali?  Anche loro in parte si perché contengono molecole antinfiammatorie (Tanacetum Parthenium e la corteccia del salice) o molecole anti-ossidanti (Zenzero, Tiglio, Tè verde, Curcumina). 

Le diapositive sono disponibili al link https://www.slideshare.net/palpal59/convegno-alba-...