Quest’ anno ricorreva
Inquadramento generale
Come già affrontato in altre parti di questo sito, si ricorda che il termine cefalea significa semplicemente dolore alla testa. Una classificazione internazionale definisce i vari tipi di cefalea, ove si distinguono cefalee primarie e cefalee secondarie. Una correlazione tra cefalea e alimentazione è stata documentata nei casi di Cefalea da digiuno, Emicrania, e Cefalea a grappolo.
La cefalea da digiuno è significativamente più frequente nei
soggetti con una precedente storia di cefalea. Nei soggetti con una precedente
storia di emicrania, la cefalea può essere simile a Emicrania senza aura. La probabilità che la cefalea si sviluppi
come conseguenza del digiuno aumenta con la durata del digiuno. Essa può
insorgere in assenza di ipoglicemia, l’ipoglicemia indotta da insulina non
determina cefalea in soggetti affetti da emicrania e la cefalea non fa parte
dei sintomi riferiti dai pazienti che giungono al pronto soccorso con
ipoglicemia sintomatica. (Testo tratto dal sito del IHS
http://ihs-classification.org/it/
Alcuni cibi in soggetti predisposti possono scatenare attacchi di cefalea. In alcune malattie, come la celiachia e intolleranze alimentari, alcuni cibi possono scatenare e/o aggravare la cefalea. E’ facile reperire su internet e nel materiale divulgativo elenchi di cibi segnalati come scatenati gli attacchi di cefalea e in ciascuno si è ipotizzato che venissero stimolati recettori cerebrali coinvolti nello scatenamento dell’attacco. Tra questi ad esempio vengono citati cioccolato, caffè, alcolici e superalcolici, carni rosse e insaccati, ricchi di nitriti e nitrati, patatine fritte e cibi fritti in generale, dadi da brodo, cibo orientale, che contiene glutammato, frutta secca, formaggi stagionati, pomodoro, uova, pesce, cibi affumicati, ed altri ancora. Ma se si va a vedere sui siti o testi relativi alle allergie , si trovano gli stessi cibi, quali scatenati la secrezione di istamina, sostanza che fa scatenare la crisi si allergia, e questi cibi vengono tolti nelle così dette diete ipoistaminergiche dagli allergologi. Pochi lavori scientifici hanno poi documentato che si questi
cibi possono scatenare un singolo attacco di emicrania, ma solo se il soggetto
è un soggetto allergico e quindi predisposto.
La questione infatti è stata definitivamente chiarita un uno studio pubblicato nel 1997 sulla rivista Cephalalgia, che ha chiaramente dimostrato come non vi fosse alcuna correlazione tra le due cose.
La dieta frazionata e il protocollo di Alba
Fin dal 2004 ad alba si studiava il metabolismo zuccherino e le problematiche ormonali negli emicranici. Fu così che scoprimmo che circa il 70% delle persone sofferenti di emicrania hanno un qualche tipo di alterazione metabolica per lo più sotto forma di eccessiva produzione di insulina, ma non solo. Quelli erano gli albori e non se ne sapeva nulla. Addirittura non esistevano nemmeno i parametri di riferimento normali della curva insulinemica, che così abbiamo standardizzati nel nostro laboratorio grazie alla eccezionale collaborazione di numerosi volontari sani che lavoravano nel nostro ospedale. Da allora abbiamo messo a punto un protocollo diagnostico per ricercare le anomalie metaboliche glucidico-insulinemiche e messo a punto il regime alimentare che definiamo dieta frazionata.
L’esame diagnostico è costituito dalla Curva da carico glicemica & Curva insulinemica dopo carico, effettuate con prelievi contemporanei basali e dopo 30’, 60’, 120’ da carico di 75 gr di glucosio. Nel caso si trattasse di bambini di età inferiore ai 14 anni, il carico di glucosio viene calcolati moltiplicando il peso corporeo x 1,75, e comunque non oltre il carico standard di 75 grammi. Ad esempio una bambina di 13 anni che pesa 36 Kg berrà un carico di 63 grammi di glucosio. Il carico deve essere tale, quindi il liquido che viene somministrato in laboratorio deve essere bevuto tutto entro un minuto di orologio. Nelle due ore seguenti si deve stare seduti, onde non consumare lo zucchero bevuto facendo una qualsiasi attività mescolare.
Le alterazioni del metabolismo glucidico possono essere di vario tipo: Diabete, intolleranza al carico di zucchero, iperinsulinemia con glicemia elevata, iperinsulinemia con glicemia normale, iperinsulinemia con glicemia bassa. Perché gli emicranici abbiano spesso livelli di insulina maggiori rispetto ad altri e come ciò correli con l’emicrania non è ancora chiaro. Ciò che si sa è che il recettore per l’insulina negli emicranici ha una forma diversa rispetto agli altri individui, che l’insulina a livello cerebrale svolge anche compiti di trasmettitore di informazioni tra i neuroni e infine che la maggior parte dei recettori per l’insulina è localizzata nella zona di cervello da cui si scatena l’attacco di emicrania.
Dal 2004 tutti i pazienti in cui si riscontrano alterazioni
metaboliche viene proposta la dieta frazionata, e a volte, se le alterazioni
sono importanti, si associa terapia farmacologica con farmaci
insulino-sensitizzanti. Applicando la
dieta frazionata la maggior parte delle persone sta nettamente meglio, senza
dover ricorrere a farmaci sia di profilassi che sintomatici, o con una
riduzione significativa del consumo di medicine.
La dieta frazionata
•Eliminare gli zuccheri semplici (zucchero, miele, marmellata, succhi di frutta, bibite (concesse quelle col dolcificante), dolciumi vari
•Effettuare pasti piccoli e frequenti , evitando digiuni superiori alle 2-3 ore
•Ad ogni piccolo pasto consumare delle cibi a base di proteine
•I carboidrati (o zuccheri lenti) si possono mangiare in piccole quantità nei vari pasti, l’importante è che insieme a questi ci siano sempre le proteine abbinate.
•Consumare la frutta in piccole quantità e dopo pasto proteico, scegliendo frutta a minor contenuto di fruttosio (NO fichi, uva, cachi)
•Se passano più di 3 ore tra cena e il sonno, fare uno spuntino piccolo proteico come pasto della buona notte
•Se la dieta è calcolata da dietista, l’apporto di carboidrati deve essere del 45%.
Quale dieta nel paziente cefalgico?
a cura di Mariarosa Aloi
https://www.facebook.com/dietistamariarosa.aloi
Per arriviare a dare una risposta a questa domanda cerchiamo di capire le funzioni delle sostanze nutritive degli alimenti che mangiamo, in quanto il nostro organismo attraverso di esse si procura ciò di cui ha bisogno per svolgere le attività quotidiane e per crescere.
I cibi contengono in proporzioni diverse queste sostanze, dette principi nutritivi, che si possono raggruppare i sei categorie:
carboidrati o glucidi
proteine
lipidi o grassi
vitamine
sali minerali
acqua
I carboidrati o glucidi (o zuccheri), possiamo trovarli in alcune etichette con la sigla CHO, hanno principalmente una funzione energetica, cioè forniscono all'organismo il carburante di cui ha bisogno per svolgere tutte le attività.
1 gr. di carboidrati = 4 Kcal
Negli alimenti vi sono due principali tipi di carboidrati:
- carboidrati complessi rappresentati essenzialmente dall'amido (un composto
costituito dall'unione di moltissime molecole di glucosio) presenti in buone quantità
soprattutto nei cereali, nei legumi e nelle patate.
- carboidrati semplici invece sono costituiti da una o due molecole e sono dotati di
sapore dolce, da cui il termine di “zuccheri”. I più importanti sono il saccarosio, il
glucosio e fruttosio contenuti nella frutta e nel miele, oltre al lattosio contenuto nel latte.
I carboidrati complessi richiedono un certo lavoro digestivo per essere trasformati in glucosio (forma utilizzata dalle cellule): sono cioè carboidrati a più lento assorbimento.
Invece quelli semplici vengono assorbiti facilmente e passano rapidamente in circolo.
Sono carboidrati complessi, non energetici, le fibre (contenute in verdura, frutta e cereali integrali).
Funzioni delle fibre:
regolano la funzionalità intestinale
regolano l'assorbimento di alcuni nutrienti (zuccheri e grassi), riducendolo e rallentandolo, in modo da contribuire al controllo della glicemia e della colesterolemia
facilitano il raggiungimento del senso di sazietà, in quanto contribuiscono ad aumentare il volume del cibo ingerito e a rallentare lo svuotamento dello stomaco
riducono il rischio di insorgenza di patologie dell'intestino (quali diverticolosi del colon) nonché di importanti malattie cronico-degenerative, quali in particolare i tumori del colon-retto.
Le proteine sono sostanze costituite da unità più semplici dette AMINOACIDI. Alcuni di questi devono essere introdotti con gli alimenti, in quanto considerati “essenziali” poichè non possono essere sintetizzati dal nostro organismo,.
Le proteine svolgono prevalentemente una funzione plastica: costruzione delle cellule e dei tessuti dell'organismo (ne permettono la crescita e ne consentono la riparazione); produzione di anticorpi, ormoni, enzimi.
La riserva proteica del nostro organismo è la massa muscolare; in condizioni di necessità (digiuno, malattie, immobilità) l'organismo può attingere a questa fonte, per scopi energetici, riducendone progressivamente la massa.
1gr di proteine = 4 kcal
Vengono distinte in:
è Proteine di origine animale: latte e derivati, uova, carne, pesce. Contengono tutti gli aminoacidi essenziali e hanno quindi un “alto valore biologico”.
Proteine di origine vegetale: cereali, legumi; hanno un “medio valore biologico”, ma quando i legumi sono consumati insieme ai cereali offrono una miscela di ottima qualità proteica in grado di apportare tutti gli aminoacidi essenziali, al pari delle proteine animali.
I lipidi sono sostanze che svolgono una funzione energetica: sviluppano un'energia doppia di quella fornita dai carboidrati. Quando l'organismo ha coperto il proprio fabbisogno calorico, i lipidi fungono da riserva energetica, immagazzinati nel tessuto adiposo.
1 gr. di lipidi = 9 Kcal
I grassi svolgono anche una funzione di trasporto delle vitamine liposolubili (che si sciolgono solo nei grassi e quindi vengono assunte e assorbite solo in loro presenza).
I lipidi (o grassi) sono presenti negli alimenti come grassi visibili (grassi e olii da condimento, parti grasse di carni e insaccati) oppure come lipidi invisibili (carni e salumi apparentemente magri, formaggi, latte, uova, pesci, frutta secca, dolci, creme, ecc.,).
I grassi di origine animale sono costituiti prevalentemente da ac. grassi saturi; sono contenuti in strutto, lardo, burro, carni e derivati grassi, formaggi.
Tali alimenti risultano particolarmente ricchi di colesterolo.
Il colesterolo è una sostanza grassa presente in tutto il regno animale. Il colesterolo
viene trasportato nel sangue da speciali molecole proteiche, denominate lipoproteine.
Alcune di queste, denominate Lipoproteine HDL trasportano il colesterolo dai diversi organi e tessuti al fegato svolgendo un'azione di rimozione dall'organismo: per questo motivo il colesterolo HDL viene definito “colesterolo buono” o “spazzino delle arterie”.
Il colesterolo più lesivo per le arterie è quello trasportato dalle Lipoproteine LDL.
Il colesterolo LDL aumenta il pericolo che si verifichino danni di tipo aterosclerotico tali da facilitare, in presenza di altri fattori di rischio (fumo, eccesso di peso, sedentarietà), la comparsa di malattie cardiovascolari, infarto del miocardio, ictus.
I grassi di origine vegetale contengono quantità elevate di acidi grassi monoinsaturi
(acido oleico, tipico dell'olio di oliva) e polinsaturi. Tra i polinsaturi, due acidi grassi (linoleico e alfa-linolenico) sono detti “essenziali” perchè l'organismo non è in grado di produrli; è indispensabile quindi introdurli con l'alimentazione tramite l'assunzione di olio di oliva, soia, mais, arachidi e di pesci grassi (tonno, sgombro, salmone, aringa) .
Le vitamine sono sostanze che non forniscono energia, svolgono una funzione bioregolatrice. Non possono essere sintetizzate dal nostro organismo ma devono essere necessariamente introdotte come tali con gli alimenti.
Le vitamine si suddividono in due grandi categorie:
vitamine idrosolubili, solubili in acqua (sono le vitamine del gruppo B, le vitamine PP e C, l'acido folico, l'acido pantotenico e la biotina)
vitamine liposolubili, solubili nei grassi (vitamine A,D,E,K)
I sali minerali (calcio, magnesio, ferro, sodio, potassio, zinco, ecc.,) hanno funzione regolatrice partecipando a numerose reazioni dell'organismo.
I sali minerali sono presenti in alimenti di origine vegetale (cereali, legumi, frutta, verdura) e di origine animale (latte, formaggi, carne)
N.B. Per quanto riguarda vitamine e sali minerali, va ricordato che con una razione alimentare bilanciata e variata nella scelta si soddisfano i bisogni giornalieri. A differenza delle vitamine che durante le fasi di preparazione, cottura, e conservazione, possono andare incontro a delle riduzioni quantitative importanti, i sali minerali non subiscono modificazioni a patto che non siano sottoposti a temperature elevate per un tempo di cottura lungo e in abbondante acqua.
E per ultimo, ma non in ordine di importanza: l'elemento acqua.
Nell’organismo umano l’acqua rappresenta un costituente essenziale per il mantenimento della vita, ed è anche quello presente in maggior quantità (il corpo umano ne è composto per circa il 60%).
La sua presenza è indispensabile per lo svolgimento di tutti i processi fisiologici e le reazioni biochimiche che avvengono nel nostro corpo. Inoltre, l’acqua entra nella struttura di varie sostanze e agisce da solvente per la maggior parte dei nutrienti (minerali, vitamine idrosolubili, aminoacidi, glucosio, ecc.), svolgendo un ruolo essenziale nella digestione, nell’assorbimento, nel trasporto e nell’utilizzazione degli stessi nutrienti. L’acqua è anche il mezzo attraverso il quale l’organismo elimina le scorie metaboliche, ed è indispensabile per la regolazione della temperatura corporea. Inoltre, l’acqua agisce come “lubrificante” e ha funzioni di ammortizzatore nelle articolazioni e nei tessuti, mantiene elastiche e compatte la pelle e le mucose (la cui funzionalità dipende da un giusto grado di idratazione) e garantisce la giusta consistenza del contenuto intestinale.
Gli alimenti contribuiscono in buona parte all'apporto di acqua: la frutta fresca ne contiene mediamente il 90%, le verdure dal 80 al 90%, il pane circa il 30%, carne, pesce, formaggi freschi, uova ne contengono 50 – 80%; biscotti,fette biscottate, grissini, frutta secca ne contengono meno del 10%. Pochissimi alimenti (olio e zucchero) sono caratterizzati dalla pressoché assenza di acqua.
Dopo questa premessa sui principali ruoli dei principi nutritivi, cerchiamo di capire il significato generale della parola DIETA: che dovrebbe essere intesa come la corretta alimentazione razionale ed equilibrata al fine di mantentenere un buon stato di salute.
E’ bene ricordare però che non esiste, né come prodotto naturale né come trasformato, l’alimento “completo” o “perfetto” che contenga tutte le sostanze indicate nella giusta quantità e che quindi sia in grado di soddisfare da solo le nostre scelte nutritive
Di conseguenza, il modo più semplice e sicuro per garantire, in misura adeguata, l’apporto di tutte le sostanze nutrienti indispensabili è quello di VARIARE il più possibile LE SCELTE ALIMENTARI e di combinare opportunamente i diversi alimenti.
A questo punto vi aspettereste che finalmente si parli di dieta nella cefalea, ma ahimè non è ancora tempo.......
se provate a cliccare su un motore di ricerca di internet la frase “dieta per la cefalea” troverete circa 304.000 rusultati, forse troppi per riuscrire a districarsi agilmente. I più fanno riferimento ad una serie di alimenti da limitare/evitare per prevenire gli attacchi e tra questi troviamo: cioccolato, alcolici, superalcolici, carni rosse ed insaccati, cibi fritti, dadi per brodo, formaggi stagionati, frutta secca.
Ma noi non tratteremo questa tipologia di esclusione di alimenti ma piuttosto di come migliorare il livelli di insulinemia nei soggetti affetti da cefalea, perchè esiste una connessione tra livelli alterati di insulina nel sangue e il mal di testa.
Fondamentalmente e con grande sincerità devo dire che il piano alimentare di un soggetto che presenta alterati livelli di insulinemia non si discosta molto dall'alimentazione che ognuno di noi dovrebbe avere per garantire un buon stato di salute. Ma è altrettanto vero che ogni qualvolta che mi trovo a suggerire modifiche alimentari e suggerimenti nella ripartizione dei pasti non sempre ciò risulta di facile attuazione. Solitamente faccio riferimento al fatto che la nostra alimentazione odierna non dovrebbe essere così sostanzialmente differente da quella che avevano i nostri nonni o bis-nonni, dove era sicuramente più povera, essenziale, senza alimenti superflui, con alimenti poco raffinati dove “se” e “quando” andava bene il pasto più importante si limitava al pranzo della domenica.
Tornando ai consigli alimentari generali possiamo qui si seguito elencarli:
- ripartire la giornata alimentare in più pasti (cercando di non far intercorrere più di 2½-3 ore tra un pasto e l'altro, per evitare picchi glicemici).
- evitare l'assunzione di carboidrati semplici come zucchero, prodotti di pasticceria, bibite, succhi di frutta ecc.
- limitare/controllare l'assunzione della la frutta in quanto ricca di zuccheri semplici.
- evitare che gli spuntini di metà mattina, del pomeriggio siano a base di soli carboidrati, ma inserire anche la frazione proteica.
- preferire ove sia possibile l'utilizzo di cereali poco raffinati o integrali e variarne la tipologia (grano, orzo, farro, mais ecc.)
- consumare regolarmente verdura ad ogni pasto, per garantire un'adeguata introduzione di fibre e prediligerne la stagionalità.
- limitare il consumo di alimenti ricchi di grassi di origine animale.
- valutare l'indice glicemico (IG) dei singoli alimenti, il carico glicemico (CG) del pasto e l'indice insulinemico.
Le raccomandazioni circa la ripartizione dei nutrienti per la popolazione sono:
Proteine 10-15% della razione calorica
Lipidi 25-30% della razione calorica
Glucidi 55-60% della razione calorica
anche se, secondo gli ultimi LARN del 2014(Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana) stabiliscono quanto segue:
glucidi 45-60% della razione calorica
lipidi 20-35% della razione calorica
proteine circa 1g/Kg/die
detto ciò ci rendiamo conto che la quota minima dei carboidrati non si discosta da quanto indicato nelle diete consigliate dal centro cefalee di Alba, per alcuni specifici pazienti.
DALLA TEORIA ALLA PRATICA.... di quanto avviene presso il centro cefalee di Alba:
Per poter effettuare una più corretta valutazione dell'ingesta alimentare (ove non sia stata effettuata dettagliata anamnesi alimentare dal dietista) viene consegnato al paziente un QUESTIONARIO ALIMENTARE dove il paziente deve specificare in modo più dettagliato possibile,anche con ausilio di misure “casalinghe” (cucchiaio, mestolo, bicchiere, tazza da thè, ecc.,), le quantità di cibo e bevande assunte ai pasti.
Ve ne porto un esempio:
ORA |
CIBI |
BEVANDE |
|
Sveglia |
|||
Colazione |
|||
Mattino |
|||
Pranzo |
|||
Pomeriggio |
|||
Cena |
|||
Sera |
|||
Sonno |
Da tale valutazione il medico competente decide se può essere utile consegnare un foglio di indicazioni generiche circa la ripartizione dei pasti e delle porzioni dei cibi più frequentemente consumati e la “black list” dei cibi da non consumare, oppure, se inviarlo al dietista per uno schema alimentare più completo e dettagliato.
LIMITI e CRITICITA' del questionario:
- mancanza di dato di attività occupazionale e di attività fisica
- mancanza di specificità di orari e quantità
- difficoltà di interpretazione se letto e valutato non in presenza del soggetto.
Nonostante i limiti e le criticità relative ad un questionario così formulato abbiamo una indicazione generale dell'orientamento alimentare se correttamente ripartita nei nutrienti o se prevalentemente glucidica, se ricca in carboidrati semplici ecc.,.
E per ultimo un argomento un po' spinoso perchè ancora troppo dibattuto.
Indice glicemico Carico glicemico Indice insulinemico
Cerchiamo di fare chiarezza su queste tre terminologie:
L’ indice glicemico (IG) di un alimento indica l’incremento glicemico indotto dall’ingestione di una porzione di quell’alimento rispetto ad uno di riferimento (glucosio o pane bianco), a parità di contenuto di carboidrati. L’indice glicemico è espresso in termini percentuali: un alimento con un indice glicemico di 50% determina un innalzamento della glicemia pari alla metà di quello indotto dal glucosio oppure dal pane bianco.
(definizione della SID: società italiana di diabetologia)
Su più testi viene riportata la seguente tabella:
CLASSIFICAZIONE DEGLI ALIMENTI IN BASE ALL'IG
è basso < 50
è medio 51 – 69
è alto > 70
anche se, la classificazione del metodo Montignac 2016 riporta il seguente IG.
Øbasso < 35
Ømedio 35 – 50
Øalto > 50
Queste discordanze ci fanno capire quanto sia ancora controverso il problema anche se tale indice risulta di indiscussa importanza.
Proviamo a capire da cosa possa nascere tale poca chiarezza, l'IG è influenzato da:
- natura e fonte botanica dei carboidrati
- processi di preparazione e produzione e lavorazione
- del grado di maturazione
- metodi di cottura
L’IG tiene conto solo della qualità dei carboidrati mentre la risposta glicemica ad un alimento è influenzata anche dalla quantità di carboidrati, per questo motivo è stato introdotto un altro indice chiamato “Carico Glicemico” che meglio esprime l’impatto dei carboidrati sulla glicemia. Il carico glicemico (CG) si calcola moltiplicando il valore dell’indice glicemico per la quantità di carboidrati dell’alimento diviso 100.
L’IG ed il CG sono molto utili per predire l’effetto sulla glicemia di un pasto misto, ossia un pasto che è composto da cibi con IG molto differenti. Per ottenere il CG dell’intero pasto si moltiplica la percentuale di carboidrati contenuta in ciascun alimento per il suo indice glicemico e quindi si sommano i risultati ottenuti per ciascun componente del pasto.
L'indice glicemico diminuisce se si aggiungono grassi o proteine ad un alimento.
Pertanto, il rilascio totale di insulina non dipende dal solo indice glicemico ma anche dal carico glicemico, ovvero dal prodotto tra indice glicemico e la quantità di carboidrati che contiene l'alimento, espressa in percentuale.
Carico glicemico della singola porzione |
Carico glicemico dieta giornaliera |
BASSO O-10 |
BASSO <80 |
MEDIO 11-19 |
MEDIO 100-119 |
ALTO >20 |
ALTO >120 |
L'indice insulinemico è un parametro che misura la produzione di insulina nell'organismo in risposta all'ingestione di un qualsiasi alimento (a prescindere dal contenuto glucidico). Questo parametro permette di introdurre un importante concetto, ovvero che la secrezione di insulina non dipende esclusivamente dalla presenza di molecole di natura glucidica, ma può essere influenzata anche dall'esclusiva presenza di molecole di natura proteica e, in minor misura da molecole di natura lipidica.
ED ORA cechiamo di sfatare qualche dubbio o “falsi” miti o curiosità:
ESEMPI DI CALCOLO DI CG e conseguenti considerazioni:
ZUCCA* |
PANE INTEGRALE* |
IG 65*** |
IG 65*** |
CHO g. 3,5** |
CHO g. 48,5** |
CG 2,28 |
CG 31,53 |
* valori nutrizionali tratti dalla composizione alimeni INRAN
** contenuto di carboidrati su 100 g. di alimento
*** IG tabelle Montignac 2016
calcolo effettuato: CG: zucca CHO g. 3,5 x IG 65 /100 = 2,28
CG: pane integrale g. 48,7 x IG 65/100= 31,66
pertanto per avere un pari CG dovrei mangiare 1,390 Kg. di zucca
ANGURIA* |
SACCAROSIO* |
IG 70*** |
IG 70*** |
CHO g. 3,7** |
CHO g. 100** |
CG 2,59 |
CG 70 |
* valori nutrizionali tratti dalla composizione alimeni INRAN
** contenuto di carboidrati su 100 g. di alimento
*** IG tabelle Montignac 2016
CAROTE* |
PASTA SEMOLA* |
IG 40*** |
IG 45*** |
CHO g. 7,6** |
CHO g. 79** |
CG 3,04 |
CG 35,55 |
* valori nutrizionali tratti dalla composizione alimeni INRAN
** contenuto di carboidrati su 100 g. di alimento
*** IG tabelle Montignac 2016
Estratto dalla documentazione filmata del Dr. Cherubino Di Lorenzo
CONTATTI
Dr Cherubino Di Lorenzo cherub@inwind.it
Per dieta
chetogenica si intende una dieta avente un bassissimo apporto di carboidrati.
Si va dagli 8 a 60 grammi di carboidrati al giorno. Esistono vari tipi di dieta
chetogenica che variano in funzione dell’apporto lipidico e degli alimenti
forniti con la dieta. Queste diete sono in uso fin dagli anni ’20 del novecento,
fondamentalmente per trattare varie forme di epilessia pediatrica
farmaco-resistente. La carenza di carboidrati non è correlata a una dieta
ipocalorica in quanto le calorie vengono compensate semplicemente aumentando le
quantità di lipidi. Alcuni esempi sono reperibili ad es. sul sito
https://www.charliefoundation.org/explore-ketogenic-diet/explore-1/introducing-the-diet
La glicemia resta nei limiti di norma, l’insulina resta in un range medio basso, e la produzione di corpi chetonici è contenuta, a differenza della chetoacidosi diabetica in cui avvengono alterazioni patologiche.
Varie sono le indicazioni per cui la dieta chetogenica oggi è consigliata. Le caselle in nero segnalano le malattie per cui c’è sufficiente letteratura che ne comprova l’efficacia. Per le altre indicazioni ci sono pochi dati e i risultati sono inconclusivi.
Dieta chetogenica ed emicrania
Relativamente all’emicrania, i primi studi che segnalavano l’efficacia terapeutica della dieta chetogenica nell’emicrania risalgono agli anni ’20, epoca in cui la dieta chetogenica era stata provata ipotizzando un meccanismo patogenetico per l’emicrania simile a quello dell’epilessia. Dopo un lasso di tempo molto lungo, nel 2006 avvenne la segnalazione di un caso clinico, di una paziente con emicrania cronica con abuso di farmaci che fece una dieta chetogenica dimagrante. La paziente durante i 7 mesi di dieta non ebbe cefalea, ed il beneficio si protrasse anche nel periodo di osservazione successivo durato ben 14 mesi. (Strahlman, R. S. (2006), Can Ketosis Help Migraine Sufferers? A Case Report. Headache: The Journal of Head and Face Pain, 46: 182. doi: 10.1111/j.1526-4610.2006.00321_5.x)
La signora fece una very low calory diet (VLCD). Questo tipo di dieta è tra il normo e il lievemente ipoproteico, e che ciò che si mangia non serve per nutrire l’organismo, ma l’introduzione dei nutrienti ha lo scopo di sostenere le funzioni vitali. Si introducono pochissime calorie e si beve molta acqua, si mangiano poche proteine alimentari, e si aggiunge verdura assumendo vari integratori tra cui vitine e sali minerali.
L’esperienza di Roma con la dieta chetogenica è molto positiva. Le prime due pazienti sono state trattate con la dieta chetogenica per un mese, replicando la terapia ciclicamente. (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3951260/) L’esperienza è stata poi duplicata su una più ampia popolazione si pazienti che hanno effettuato un mese di dieta chetogenica seguita da 5 mesii di dieta dimagrante non chetogenica. Nel mese di chetogenesi la cefalea si è ridotta drasticamente, per ripresentarsi dopo dismissione dalla dieta. (http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/ene.12550/abstract?userIsAuthenticated=false&deniedAccessCustomisedMessage=). Attualmente vari pazienti mantengono la dieta già da molti mesi mostrando beneficio persistenti.
L’ipotesi per cui la dieta sia efficace sull’emicrania è che alla base dello sviluppo dell’emicrania vi sia la sindrome metabolica, malattia che ha un impatto su vari organi e sistemi, per cui si presume che una dieta chetogenica che migliori il metabolismo possa essere efficace anche per l’emicrania. A ciò si aggiunge l’effetto sul calo di peso con la dieta chetogenica e la possibilità del migliorare la cefalea con la riduzione del peso, in considerazione della correlazione tra peso corporeo (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4385329/)
Dai dati di Roma risulta che la dieta chetogenica è efficace non solo negli emicranici ma anche nella cefalea a grappolo. In quest’ultimo tipo di cefalea la chetogenesi è stata ottenuta mediante una dieta Atkins modificata che è stata seguita per 3 mesi con beneficio nella stragrande maggioranza dei pazienti. Alla sospensione della dieta si è assistito alla ricomparsa cefalea, con nuovo beneficio alla ripresa della dieta chetogenica.
Abitualmente viene consigliata una dieta con pochi carboidrati, normo-proteica con poche proteine Alimentari e integrandole con integratori proteici specifici. Si assicura un aumento della quota lipidica (circa 50% dell’apporto nutrizionale) per integrare le calorie necessarie, assumendo quanto più possibile i lipidi da alimenti con acidi grassi “sani”, quali ad es le fonti ricche di omega 3, l’olio d’oliva, la frutta secca (semi oleosi come noci o mandorle). Inoltre, si usano anche integratori lipidici specifici creati ad hoc per la chetogenesi. Si deve, poi, assicurare un buon apporto di fibre, sotto forma di verdure, soprattutto crude a foglia verde. Vengo anche integrati sali minerali e vitamine, con particolare attenzione per i cationi (soprattutto Sodio, il Magnesio e il Potassio).
ATTENZIONE: LA DIETA È FACILE DA FARE, MA SE NON FATTA CORRETTAMENTE IN MANI NON ESPERTE FA DANNI. VA FATTA CON ESTREMA ATTENZIONE, EED E’ DOVEROSO ESSERE SEGUTI DA UN MEDICOESPERTO.
Per informare chi fosse interessato e supportare i pazienti già in dieta esistono una pagina informativa su Facebook chiamata CHETOGENESI IN NEUROLOGIA (https://www.facebook.com/chetogenesiinneurologia), un blog con informazioni di vario genere curato da Manuela Atzori (https://atzorimanuela.com) ed un gruppo Facebook animato da centinaia di pazienti che già seguono questa particolare dieta (https://www.facebook.com/chetogenesiinneurologia)
a cura di Rosella Errante
Ciao a tutti/e.
Sono Rosella Errante, una food blogger della piattaforma Giallo Zafferano con la passione per il buon cibo combinato al buon gusto.
Sei mesi fa dalla Dottoressa Cavestro ho avuto la diagnosi: ho un problema nel metabolizzare gli zuccheri e di conseguenza mi è stato di detto di eliminarli.
Da principio ho eliminato subito lo zucchero ma, documentandomi, con mio rammarico, scopro che gli zuccheri sono presenti in moltissimi alimenti e che in cottura anche alcune verdure si trasformano in zuccheri. Per non parlare degli amidi che hanno un indice glicemico, a volte, più alto dello zucchero.
Zucchero + amidi per me equivaleva a dolci soffici e ben lievitati, belli esteticamente e deliziosi da gustare. Mi sono abbattuta? No, mi sono documentata! Ho sostituito le farine raffinate con farine grezze, di grano saraceno, quinoa, crusca di avena, integrali di grano duro (ottima è la Fiber Farina o la Cappelli), o, anche, con farine di frutta secca (mandorle, nocciole…). Lo zucchero con stevia, zucchero di cocco, fruttosio d’uva che ha un IG 25. Questi tipi di zucchero hanno un alto potere dolcificante, ricordatelo quando preparerete i vostri dolci.
Veniamo alle torte e ai dolci in genere. Secondo me, bisogna rivedere il concetto ‘DOLCE’. Via libera a crostate rustiche, torte più basse arricchite, magari, da creme proteiche (con uova e latte) dolcificate con stevia.
Un aiuto per regolare l’indice glicemico arriva dalla natura! Prendete l’abitudine di aggiungere cannella o semi di lino pestati alle vostre preparazioni. Anche lo yogurt greco è molto valido, utile per rendere proteico il pane fatto in casa e renderlo più morbido.
Un esempio di un classico dolce da colazione a basso indice glicemico? Separate i tuorli dagli albumi da 4 uova. Montate gli albumi a neve. Lavorate i tuorli con 100 ml di latte di cocco, mezzo cucchiaio di stevia. Unite la scorza di mezzo limone e mezza arancia, incorporate 180 grammi di farina di mandorle. Unite gli albumi con movimenti dal basso verso l’alto. Versate in una tortiera foderata di carta forno e infornate a 160° per 40 minuti.
Per tutte le ricette a basso indice glicemico, dolci e non, vi rimando alla sezione del mio blog ‘Nel tegame sul fuoco’ ed al mio neo-nato blog senza lattosio ‘Essenzialmente’ dove ogni ricetta sarà corredata di varianti a basso indice glicemico.
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